Storytelling virale: quando una storia è notiziabile

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La viralità è un concetto astratto, quasi sfuggente, che chiunque si occupi di storytelling deve provare a gestire nel migliore dei modi.

Ci sono strategie, metodi ed elementi di cui tenere conto per raccontarsi online in modo efficace, ma ci sono altrettanti fattori che esulano dal nostro controllo e che possono inficiare il successo della narrazione che affidiamo al web.

I principali sono:

  • Incontrollabilità dell’algoritmo che regola ogni contenuto della Rete e ne determina la visibilità;
  • Circostanze di contesto: ci sono contingenze ed eventi esterni che in un attimo possono determinare e stravolgere il tasso di interesse verso un determinato contenuto;
  • Concorrenza: anche i competitor creano contenuti che innescano naturali meccanismi di competizione anche in termini di visibilità.

Ma cosa rende virale una storia?

In questo articolo approfondiremo l’argomento, ma prima di tutto concentriamoci…sulla storia da raccontare.

L’arte di raccontare storie…anche virali

Quello che può trasformarsi in un contenuto virale è una storia che possa essere condivisa da molte persone; è proprio qui che entra in gioco lo storytelling.

Che si tratti di una narrazione aziendale o di un racconto autobiografico, l’umanità intera, oggi come agli albori della civiltà, rimane incantato nell’ascoltare storie.

La narrazione, quella strutturata e raccontata bene, ha un grande potere: quello di colpire la sfera emotiva del pubblico e far entrare l’identità del brand (o del narratore) nella sua memoria.

Per strutturare uno storytelling vincente, che possa colpire chi legge o ascolta questa narrazione d’impresa, è importante non improvvisare ed avere ben chiaro che ogni tassello della nostra storia può diventare virale e condivisibile solo se si costruisce una solida reputazione digitale.

Come si può emozionare la nostra audience e costruire uno storytelling che punti alla viralità?

  1. Usa il linguaggio del tuo cliente: usare parole chiare, semplici e comprensibili per chi legge o ascolta la nostra storia è il primo passo per poter entrare in empatia con il pubblico e iniziare il processo di immedesimazione;
  2. Pensa come un narratore: costruire la propria storia con tutti gli elementi chiave delle favole che ci incantavano da bambini (l’eroe, il viaggio, l’ostacolo, l’alleato, la vittoria contro il nemico) è l’arma vincente per rendere il racconto avvincente;
  3. Resta umano: raccontare anche qualche difficoltà, sbaglio o fallimento vissuti prima del successo è una chiave importante per far immedesimare il pubblico nel racconto;
  4. Esprimi le emozioni: le aziende sono fatte di numeri, eventi, obiettivi e successi, ma sono le emozioni del team e che diventano interessanti per il pubblico; sono i sentimenti vissuti e raccontati i contenuti che possono diventare virali;
  5. Apriti al dialogo: uno storytelling fatto solo di parole vuote che glorificano l’azienda non desta alcuna emozione né empatia; avere un dialogo sempre aperto e invitare il pubblico ad essere attivi con commenti e pareri diventa la base per costruire una community pronta a condividere i contenuti del brand da cui si sente seguita ed apprezzata.

 

Storytelling e viralità: la narrazione condivisa

Come abbiamo visto all’inizio di questo articolo, la viralità può non essere così scontata o automatica da raggiungere.

Cosa rende virale un contenuto?

Per iniziare a scoprirlo spostiamoci dal mondo dello storytelling aziendale e andiamo in quello giornalistico per scoprire cos’è la notiziabilità.

Notiziabilità: definizione e criteri

Ciò che trasforma un fatto in una notizia degna di essere raccontata su un giornale o in un TG.

Questa è la definizione più semplice di notiziabilità; ma cosa significa esattamente?

Pensiamo ad una redazione giornalistica: viene invasa costantemente da segnalazioni di ogni genere; per decidere cosa selezionare e mandare in onda (o in stampa) è importante seguire i criteri di notiziabilità, che altro non sono se non il riconoscimento di alcuni elementi della notizia che potrebbero catturare l’attenzione del pubblico.

I cinque criteri di notiziabilità

Le caratteristiche che identificano un evento come notiziabile, secondo il giornalista, saggista e direttore di Rai Parlamento Antonio Preziosi sono cinque:

Immediatezza nel tempo: più un fatto è attuale più diventa notiziabile e degno di ottenere visibilità.

Moto di umanità: questo criterio prende anche il nome di pubblico interesse. Più ampio è esteso il numero di persone interessate ad un fatto, più questo diventerà notiziabile. In questo criterio entrano in campo anche elementi psicologici: il meccanismo del “sarebbe potuto accadere anche a me” innesca sentimenti di solidarietà e interesse nell’approfondire l’accaduto.

Vicinanza geografica: è sempre più notiziabile un fatto avvenuto in un luogo geograficamente vicino rispetto a qualcosa di accaduto in un luogo remoto.

Notorietà dei protagonisti: se qualcosa accade a qualcuno di importante o conosciuto sarà sempre degno di interesse. Eventi, stati d’animo o momenti di vita (dai matrimoni ai lutti, dagli amori ai tradimenti) vissuti dall’élite innescano spesso meccanismi di identificazione.

Originalità: un evento singolare ed insolito suscita sempre l’interesse del pubblico. Basti ripensare alla storia del “padrone che morde il cane”.

Una storia notiziabile è anche virale?

Seguire i cinque criteri di notiziabilità può essere sufficiente per diventare virali?

Non proprio.

La viralità segue regole leggermente diverse e uno dei principi che più di tutti sembra innescare Like, condivisioni e quindi viralità di un determinato contenuto è la riprova sociale.

Secondo lo studio del team di ricercatori guidati da Christin Scholz ed Elisa Baek, dell’Università della Pennsylvania, i cui risultati sono stati resi noti dalla rivista scientifica dell’Accademia Americana di Scienza, le persone tendono a condividere contenuti che le facciano sembrare migliori e che le facciano apparire come simpatiche, empatiche ed intelligenti.

La viralità è dunque guidata dal desiderio di essere riconosciuti ed apprezzati dagli altri; questo ci porta ad un altro importante pilastro dello storytelling: la componente emotiva.

Una storia sarà tanto più condivisa quanto più percepita come coinvolgente ed emozionante: narrare un fatto esprimendo sensazioni, sentimenti e difficoltà superate porterà il pubblico ad identificarsi con il protagonista e a scegliere di farla conoscere anche alla sua cerchia di contatti.

 

Storytelling d’impresa: 3 esempi di narrazione virale

Ora che abbiamo visto come un contenuto può trasformarsi da parola vuota a tecnica vincente per innescare il meccanismo della viralità, vediamo insieme 5 esempi pratici di storytelling che sono riusciti ad entrare nella sfera emotiva del pubblico.

Ikea

Da sempre questo brand ha fatto della narrazione d’impresa uno dei punti focali della sua strategia di marketing.

Il marchio ha saputo gestire al meglio il potere dello storytelling anche nel momento in cui si è trovato ad affrontare una difficoltà: l’essere percepito come “impersonale”.

Più in particolare, il pubblico ha sempre apprezzato i mobili Ikea in quanto esteticamente gradevoli e poco costosi, però non si associava a questi prodotti un’idea di stabilità: si acquistava un mobile Ikea solo per una casa “di passaggio” o magari in attesa del mobile definitivo.

Attraverso un’ottima campagna di visual storytelling, Ikea ha descritto con alcuni spot e video YouTube la quotidianità di chi vive in una casa arredata con i mobili del brand.

Ecco che la cena di Natale, la festa con amici o la colazione in famiglia diventano l’occasione ideale per staccarsi dall’esposizione dello show room e far immedesimare il pubblico nel contesto, rendendolo consapevole che anche nelle proprie case un mobile Ikea potrebbe essere l’elemento d’arredo che mancava.

Lego

Il nome già rievoca un mondo di giochi e fantasia al potere.

Qualche anno fa Lego ha scelto di rafforzare ancora di più questi valori creando un vero e proprio film con protagonisti i piccoli omini gialli alle prese con diverse avventure.

Il potere della narrazione che ha reso subito virale questa iniziativa? Arriva alla fine, quando si percepisce il messaggio: “adesso compra una scatola di Lego e crea nuove avventure”.

Questo messaggio è stato condiviso milioni di volte perché ha saputo sfruttare uno dei principi cardine del marketing narrativo: ha coinvolto il pubblico, rendendolo parte attiva della narrazione.

Coco inside Chanel

Il brand Chanel non ha bisogno di presentazioni.

Per questa campagna di storytelling virale, la maison ha scelto di raccontare la vita e la storia di Coco Chanel con una voce narrante fiabesca e sognante,

Questi video rispondono ad uno dei principi più importanti e basilari dello storytelling: condividere il sogno che sta alla base della creazione di un’attività.

Lo scopo di Chanel non è stato quello di presentare nuove collezioni o lanciare nuovi prodotti sul mercato; con questa campagna dedicata a “Coco”, si alimenta il mito immortale dell’eleganza e l’icona assoluta della moda di classe.

La viralità in questo caso si concretizza con l’immedesimazione nei valori del brand: se ami la moda, il gusto, l’eleganza ma anche il coraggio e l’anticonformismo della stilista, non puoi non amare il marchio Chanel.

Ottenere contenuti virali e notiziabili è un risultato che si può ottenere grazie ad uno storytelling strutturato, che possa rivolgersi al proprio pubblico con le parole giuste per innescare i meccanismi di immedesimazione ed empatia.

Lavorare sulla propria narrazione d’impresa significa concentrarsi su una storia che affascini e catturi chi ascolta proprio come quando, da bambini, restavamo affascinati dalle fiabe della buonanotte.

Sentire una storia che emoziona, in cui ci si riconosce e che si sente utile: questi sono i tre pilastri di un contenuto di valore, che sarà condiviso e diventerà virale.

Serena Poma

Serena Poma

Copywriter, Ufficio stampa e Project Manager. Da sempre vive “tra le righe”. Il potere delle parole l’ha conquistata da subito; due lauree in comunicazione e un master in storytelling non hanno fatto altro che accrescere slancio e curiosità. Trovare le parole giuste per raccontare un’idea e far emergere un talento è ciò che la appassiona; farlo davanti a caffè amaro e muffin al cioccolato fondente è la sua personale idea di “lavoro gratificante”!

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