La viralità è un concetto astratto, quasi sfuggente, che chiunque si occupi di storytelling deve provare a gestire nel migliore dei modi.
Ci sono strategie, metodi ed elementi di cui tenere conto per raccontarsi online in modo efficace, ma ci sono altrettanti fattori che esulano dal nostro controllo e che possono inficiare il successo della narrazione che affidiamo al web.
I principali sono:
- Incontrollabilità dell’algoritmo che regola ogni contenuto della Rete e ne determina la visibilità;
- Circostanze di contesto: ci sono contingenze ed eventi esterni che in un attimo possono determinare e stravolgere il tasso di interesse verso un determinato contenuto;
- Concorrenza: anche i competitor creano contenuti che innescano naturali meccanismi di competizione anche in termini di visibilità.
Una volta compreso che la viralità può non essere così scontata o automatica da raggiungere, è bene comunque conoscere qualche criterio che tutti i contenuti virali hanno in comune.
Per iniziare spostiamoci dal mondo dello storytelling aziendale e andiamo in quello giornalistico per scoprire cos’è la notiziabilità.
Notiziabilità: definizione e criteri
Ciò che trasforma un fatto in una notizia degna di essere raccontata su un giornale o in un TG.
Questa è la definizione più semplice di notiziabilità; ma cosa significa esattamente?
Pensiamo ad una redazione giornalistica: viene invasa costantemente da segnalazioni di ogni genere; per decidere cosa selezionare e mandare in onda (o in stampa) è importante seguire i criteri di notiziabilità, che altro non sono se non il riconoscimento di alcuni elementi della notizia che potrebbero catturare l’attenzione del pubblico.
I cinque criteri di notiziabilità
Le caratteristiche che identificano un evento come notiziabile, secondo il giornalista, saggista e direttore di Rai Parlamento Antonio Preziosi sono cinque:
Immediatezza nel tempo: più un fatto è attuale più diventa notiziabile e degno di ottenere visibilità.
Moto di umanità: questo criterio prende anche il nome di pubblico interesse. Più ampio è esteso il numero di persone interessate ad un fatto, più questo diventerà notiziabile. In questo criterio entrano in campo anche elementi psicologici: il meccanismo del “sarebbe potuto accadere anche a me” innesca sentimenti di solidarietà e interesse nell’approfondire l’accaduto.
Vicinanza geografica: è sempre più notiziabile un fatto avvenuto in un luogo geograficamente vicino rispetto a qualcosa di accaduto in un luogo remoto.
Notorietà dei protagonisti: se qualcosa accade a qualcuno di importante o conosciuto sarà sempre degno di interesse. Eventi, stati d’animo o momenti di vita (dai matrimoni ai lutti, dagli amori ai tradimenti) vissuti dall’élite innescano spesso meccanismi di identificazione.
Originalità: un evento singolare ed insolito suscita sempre l’interesse del pubblico. Basti ripensare alla storia del “padrone che morde il cane”.
Una storia notiziabile è anche virale?
Seguire i cinque criteri di notiziabilità può essere sufficiente per diventare virali?
Non proprio.
La viralità segue regole leggermente diverse e uno dei principi che più di tutti sembra innescare Like, condivisioni e quindi viralità di un determinato contenuto è la riprova sociale.
Secondo lo studio del team di ricercatori guidati da Christin Scholz ed Elisa Baek, dell’Università della Pennsylvania, i cui risultati sono stati resi noti dalla rivista scientifica dell’Accademia Americana di Scienza, le persone tendono a condividere contenuti che le facciano sembrare migliori e che le facciano apparire come simpatiche, empatiche ed intelligenti.
La viralità è dunque guidata dal desiderio di essere riconosciuti ed apprezzati dagli altri; questo ci porta ad un altro importante pilastro dello storytelling: la componente emotiva.
Una storia sarà tanto più condivisa quanto più percepita come coinvolgente ed emozionante: narrare un fatto esprimendo sensazioni, sentimenti e difficoltà superate porterà il pubblico ad identificarsi con il protagonista e a scegliere di farla conoscere anche alla sua cerchia di contatti.
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